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Opere fondamentali classe V


Heidegger


L'intera opera del pensiero di Martin Heidegger (1889-1976), il più influente filosofo del Novecento, è incentrata sulla questione dell'essere che viene da lui analizzato nel contesto dell'esistenza umana. L'approccio filosofico heideggeriano, oltre a dare l'avvio alla corrente esistenzialista, costituisce anche l'origine dell'ermeneutica, del decostruzionismo e dello strutturalismo novecenteschi. L'adesione di Heidegger al nazismo e il suo controverso rapporto con il regime hanno da sempre influenzato l'interpretazione del suo pensiero da parte dei posteri.
Nella scelta di indagare il significato dell'essere, Heidegger fu influenzato dalla filosofia greca.
Da Aristotele riprese la questione del linguaggio apofantico e della relazione tra essere e verità. Tra i pensatori moderni e contemporanei riprese da Dilthey il problema della necessità di elaborare una scienza dell'uomo basandosi sulla sua storicità e da Kierkegaard e Nietzsche numerose questioni in merito al problema dell'esistenza.
Lo studio della fenomenologia negli anni di formazione di Heidegger influì notevolmente sul suo pensiero. Tuttavia, già a partire da Essere e tempo, il rifiuto da parte di Heidegger del meccanismo della riduzione fenomenologica e l'attenzione alla storicità dell'essere umano a discapito dell'analisi della coscienza pura, rivelano l'allontanamento dal suo maestro Husserl.
La domanda sulla natura e sul senso dell'essere è rivolta principalmente all'uomo inteso come esserci, come ente consapevole della sua esistenza qui e ora. L'essere non è pensato da una mente astratta ma è indissolubilmente legato al tempo.
L'essere è concepito come "disvelamento" poiché rappresenta ciò che permette all'esistenza di manifestarsi come ente. Ogni teoria filosofica che riguarda le proprietà immateriali dell'ente si basa sulla considerazione empirica dell'ente stesso e l'esistenza dell'uomo è sempre intenzionalmente proiettata nel mondo in cui vive. L'esistenza è l'essere proprio dell'esserci ed è necessaria un'analitica esistenziale che indaghi le determinazioni strutturali dell'esserci.
Il mondo nel quale l'uomo vive è costituito da enti intramondani utilizzabili di cui egli si "prende cura". L'utilizzabilità si scopre attraverso l'uso e costituisce il modo originario dell'essere.
Vivere è anche essere-con-gli altri, ovvero averne cura o sostituendoli nelle opere (esistenza inautentica) o aiutandoli nelle loro cure (esistenza autentica). Se nel comprendersi l'uomo non prende come riferimento se stesso ma gli altri si realizza la "dittatura del si anonimo" che rivela una comprensione esistenziale inautentica e che si esplicita nella chiacchiera, nella curiosità e nell'equivoco, tutti meccanismi attraverso cui l'uomo diviene una "cosa tra le cose".
L'esistenza dell'uomo consiste nell'occuparsi delle proprie possibilità di essere e nell'adozione di modi di essere possibili. Poiché ogni possibilità è influenzata dall'esser gettato dell'uomo nel mondo, il poter essere è da intendersi come progetto. La comprensione così intesa apre la strada all'interpretazione che è sempre situata in una rete di significati derivanti dall'essere gettati nel mondo.

Si può sostenere la presenza di una continuità nell'intera opera di Heidegger, anche se gli scritti posteriori alla seconda guerra mondiale rivelano riflessioni anche su temi differenti rispetto alle opere precedenti. Rispetto alla sistematicità di Essere e tempo le opere posteriori sono caratterizzate dalla frammentarietà, dall'interesse per la poesia, la scienza e la tecnica, e dalla riflessione sulla fine della filosofia, sulla metafisica, sul linguaggio e sull'arte.
Tutti questi temi sono collegati dall'elaborazione della questione dell'essere e la cosiddetta "svolta" è costituita dall'intento di collocarsi al di fuori delle filosofie della soggettività per affrontare direttamente il pensiero dell'essere.
Heidegger ritiene che, sostantivando l'essere, il pensiero occidentale sia caduto nell'"oblio degli oblii" giungendo a rimuovere la differenza ontologica. Per ritrovare la ragion d'essere della filosofia è necessario compiere una decostruzione, cioè una distruzione-ricostruzione della nostra conoscenza così da pervenire al pensiero contemplativo dell'essere. Il processo decostruttivo si lega con la ricostruzione della storia della filosofia che trova le proprie origini e il proprio destino nella Grecia antica. Per Heidegger la filosofia è esclusivamente greca, occidentale, ma il pensiero greco inaugura anche l'epoca in cui l'essere si dona nel suo occultarsi dietro l'ente. L'inizio della filosofia, che risale a Platone e Aristotele, suppone lo sviamento del pensiero dall'elemento dell'essere all'elemento della soggettività. Il pensare diventa "strumento" e la filosofia diviene una tecnica di indagine delle cause ultime.
Nel saggio Sull'essenza della verità la parola alétheia è utilizzata per indicare la concezione del pensiero greco originario per cui l'essere si manifesta nascondendosi e la verità è concepita come rettitudine del giudizio intellettuale. Nel corso della storia del pensiero, il luogo della verità non è più individuato nell'essere in sé ma nel giudizio e nella rappresentazione umana. A partire dalla tradizione platonico-aristotelica, si manifesta dunque un solco nella concezione della filosofia, della verità e dell'essere che definirà il pensiero occidentale nel suo complesso.
Cartesio porta alle estreme conseguenze la certezza di oggettivazione dell'essere da parte della conoscenza razionale attraverso il suo Cogito ergo sum che rende l'io l'unica realtà indubitabile a fondamento di ogni altra realtà. A partire da Cartesio, nella metafisica moderna si compie il passaggio dalla sostanza al soggetto, nella definizione del fondamento ultimo dell'ente. La metafisica moderna comincia così la ricerca - che diventerà la sua intrinseca caratteristica - dell'assolutamente indubitabile. Con il principio di ragione Lei-bniz interpreta l'essere come ragione che è ratio tecnica e calcolatrice, fondamento della realtà. Il lógos proprio del pensiero presocratico diviene logica e calcolo. Nel cammino aperto dalla metafisica occidentale si inserisce anche Kant che considera l'essere come esistenza, divenendo una delle categorie del giudicare. L'esistenza umana e l'essere sono da lui considerati solo in relazione alle nostre facoltà conoscitive e l'essere si riduce a mera rappresentazione. Con Hegel la metafisica esprime la sua massima essenza nella coincidenza dell'essere con l'autocoscienza assoluta.
Heidegger trova in Nietzsche il pensatore che maggiormente ha sperimentato l'assenza di fondamento del mondo moderno, non riuscendo però a distaccarsi dalla metafisica.
L'espressione dell'essere come volontà di potenza realizza l'essenza della soggettività moderna occidentale. La soggettività come fondamento dell'esistente non è diversa dall'affermazione dell'essenza della realtà come volontà.

Pur affondando le sue radici nella definizione della differenza ontologica, nell'oblio di questa distinzione la metafisica perde la sua ragion d'essere.
È necessario, per Heidegger, compiere un passo indietro verso l'essenza della metafisica per ritrovare la trascendenza costitutiva del Dasein in rapporto all'essere. La critica heideggeriana alle filosofie antropologiche e umaniste non vuole sminuire la grandezza della humanitas ma al contrario pensare l'essere umano in tutta la sua originarietà. Heidegger considera il dispiegamento della tecnica in epoca moderna come l'incarnazione storica dell'oblio dell'essere.
Il dominio della tecnica denota una concezione strumentale del pensiero che porta a considerare il mondo e la natura in termini utilitaristici. Sotto accusa non è il dispiegamento tecnico-scientifico della modernità in sé, quanto piuttosto il pericolo che esso divenga l'unico pensiero e che la "dittatura della pubblicità" provochi la spersonalizzazione dell'essere umano.
Sinonimo della caduta dell'uomo è l'importanza assunta dall'informazione nell'ambito della nostra cultura. Al pensiero calcolatore che caratterizza la nostra epoca Heidegger sostituisce il pensiero meditativo che lascia essere l'essere nel suo disvelarsi. L'uomo si trasforma da "padrone dell'ente" a "pastore dell'essere" e il pensare non è più un'attività dell'uomo perché è introdotto dall'essere attraverso l'ascolto. Il pensare l'essere, si sviluppa in un accadere storico, nell'aprirsi reciproco tra uomo ed essere, e l'atteggiamento dell'uomo deve consistere nell'ascolto che lascia essere l'essere.
L'arte è per Heidegger legata costitutivamente al disvelarsi della verità. Arte, ontologia e verità sono legate indissolubilmente e la bellezza artistica può riportare l'uomo sulle tracce dell'essere.
L'opera d'arte è infatti la messa in opera della verità in quanto dialettica continua di apertura e nascondimento palesata dal rapporto tra Mondo (ciò che nell'opera d'arte viene aperto a una pluralità di significati) e Terra (ciò che ne rappresenta il lato "nascosto").
Nel "tempo della povertà" successivo alla morte di Dio, i poeti sono i soli a custodire il linguaggio come "casa dell'essere" e svelamento della verità. A essi il compito di guidare l'essere umano verso la svolta che gli consenta di ritrovare la propria essenza trasfigurando il visibile nell'invisibile, la materia nello spirito.
Per ribaltare la ragione umana nella "regione del cuore" occorre un rivolgimento della coscienza, dalia fredda ratio calcolatrice alle intuizioni del sentimento che permettono di percepire il divino presente in noi e nella totalità dell'essere.

Il decadimento e la sensazione di vivere accanto agli altri nell'anonimato portano l'essere umano alla cura, che è la struttura fondamentale dell'esistenza. L'esserci è un modo d'essere che vive di possibilità, tra le quali rientra anche quella della morte. Tentando di fuggirla l'uomo si rintana nell'anonimato del "si" e vive una vita inautentica.
Ponendosi di fronte a essa, invece, fa esperienza del nulla e prova l'angoscia che lo costringe a prendere coscienza della finitezza della vita umana e a considerare la morte come ciò a cui tende l'intera esistenza.
Grazie alla voce della coscienza che chiama a uscire dal "si anonimo", l'uomo realizza la vita autentica, nella quale il tempo è vissuto nella dimensione della decisione anticipatrice e la storicità è concepita come amor fati.
Essere e tempo rimase un'opera incompiuta; tuttavia, anche se il cammino previsto rimase interrotto, è indubbio che l'opera posteriore di Heidegger rappresenta l'impegno deciso di ripercorrerlo.