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CLASSE IV - Testi di Filosofia |
METAFISICA
Valga preliminarmente la seguente dichiarazione: la filosofia in senso
proprio è metafisica.
Di ogni cosa che è, infatti, noi diciamo che è. Se analizziamo la cosa, diamo
vita a una serie di scienze, che si possono disporre secondo questa
suddivisione:
- le scienze che si occupano solo di quella dimensione che si chiama la
"determinazione";
- le scienze che studiano la determinazione in quanto determinazione
dell'essere; è questo il campo delle filosofie che si chiamano "filosofie al
genitivo": filosofie dell'uomo, della natura, dell'arte, della prassi, della
storia, e così via. Tali filosofie possono anche venir chiamate filosofie
seconde o filosofie regionali, in quanto studiano una regione determinata
dell'essere;
- la scienza che studia l'«è», ossia l'essere della cosa, nel senso che
l'essere della cosa non è solo ciò per cui quella cosa è, ma è anche ciò per cui
quella cosa è quella cosa (albero, uomo, pietra ecc.); questo studio è la
filosofia, che, proprio per il fatto che è studio dell'essere, si identifica con
la metafisica.
Per sé e nella sua struttura, la filosofia non può essere altro che (e deve
necessariamente essere solo) l'essere nella sua verità, l'essere che assurge
alla dizione della verità, l'essere che è verità ed espressione.
Una seconda dichiarazione è la seguente: è più adeguata la denominazione
"metafisica" che non la denominazione "filosofia dell'essere".
Quest'ultima denominazione, infatti, fa sorgere il sospetto non solo di una
distinzione fra l'essere e il pensiero, ma anche di una loro separazione.
Al contrario, la metafisica si attiene all'identità, che non esclude la
distinzione, fra l'essere e la verità e il discorso sulla verità dell'essere:
questo discorso è il pensiero, la filosofia.
La verità appartiene per identità all'essere, e il discorso sulla verità
dell'essere vi appartiene con la medesima identità. L'inscindibilità fra essere
e verità si riflette nell'inscindibilità fra verità e discorso sulla verità
dell'essere. Essendo quest'ultimo la filosofia, consegue che c'è una
inscindibilità fra la filosofia e l'essere: la filosofia è l'essere
nell'espressione della sua verità.
La terza dichiarazione è la seguente: il discorso metafisico è un discorso
essenzialmente breve.
Proprio in quanto discorso sull'essere all'interno dell'essere, tale discorso
non ha altro campo in cui muoversi che non sia l'essere. Esso si svolge pensando
e ripensando l'essere. Per questo esige i1 massimo di intensità della
riflessione, il massimo del pensiero: e cioè il massimo sforzo e la massima
pazienza del pensiero.
Concetto preliminare
Il concetto preliminare della metafisica si articola secondo i seguenti tre momenti.
a) La metafisica è scienza dell'ente in quanto ente o, in modo
equivalente, è scienza dell'ente in quanto essere.
Ciò che qui è caratterizzante è la formula "in quanto", in cui si esprima il
punto di vista sotto cui si considera l'ente, la sua luce formale. La metafisica
non considera l'ente in quanto questo o quell'ente, non l'ente nella sua
differenza, varietà, diversità, nei suoi settori o regioni o categorie
determinate e particolari; essa studia l'ente sotto quest'unico aspetto o
riguardo, per cui l'ente semplicemente è o è ente.
Sotto questo aspetto la metafisica studia l'ente precisamente in ciò che lo
determina come ente, in ciò che fa sì che l'ente sia ente, in ciò che rende ente
l'ente. Così facendo, la metafisica studia l'essere dell'ente: l'essere è ciò
per cui l'ente è ente.
b) La metafisica è la scienza del fondamento dell'ente.
Dire che l'essere è ciò per cui l'ente è ente, equivale a dire che l'essere è il
fondamento dell'ente. La metafisica, dunque, che studia l'ente nel suo essere,
muovendo dall'essere, è scienza del fondamento incondizionato dell'ente:
l'essere non ha condizioni previe, ma condiziona tutto. Questa incondizionatezza
ha un duplice senso:
- immediata, cioè l'essere dell'ente;
- assoluta, vale a dire l'Essere Assoluto, come fondamento ultimo dell'essere
dell'ente stesso.
c) La metafisica è scienza della totalità dell'ente visto a partire
dall'essere.
Se, infatti, tutto, e ogni ente, è fondato nell'essere, l'essere è ciò in cui
ogni e tutto l'ente conviene, si unifica e costituisce una totalità: la
metafisica, considerando l'ente nel suo essere, lo considera nella sua totalità.
Il senso di questa totalità si configura, poi, come illimitatezza,
invalicabilità e insuperabilità dell'essere: al di fuori dell'essere non c'è che
il nulla, e il nulla "non è".
Ciò vuol dire che al di fuori dell'essere, non c'è un oltre o un al di là o un
al di sopra. Un movimento, che miri a segnare il confine, il limite dell'essere,
è un movimento nell'essere, ossia nella sua illimitatezza; un andare oltre
l'essere è riandare nell'essere, ossia nella sua invalicabilità; ogni tentativo
di superare l'essere è una riaffermazione dell'essere, ossia della sua
insuperabilità.
L'essere è, dunque, l'orizzonte assoluto, l'apertura totale, e cioè l'unità e la
totalità in cui ogni ente, tutto l'ente, l'ente in quanto tale, consiste. La
metafisica è la scienza dell'ente in questa sua unità e totalità e, quindi,
scienza della totalità.
Unità sistematica e totalità della metafisica
Il termine scienza, che compare in ciascuna delle tre
caratterizzazioni, mette in risalto il fatto che, quanto si estende l'essere
dell'ente, altrettanto si estende la scienza dell'essere dell'ente. Allora,
essendo la scienza della totalità dell'ente, la metafisica è la scienza totale:
è scienza della totalità dell'essere ed è la totalità della scienza.
Esiste, pertanto, una correlazione completa tra l'estensione della metafisica
come scienza e l'ente nella totalità dell'essere. Da un lato, infatti, il
pensiero è sempre e solo pensiero dell'essere; dall'altro, l'essere dell'ente è
la stessa luminosità del pensiero. L'ente in quanto ente nel fondamento
dell'essere e nella sua totalità è ente in quanto saputo, pensato, illuminato
nel pensiero. La metafisica è scienza nella stessa misura in cui c'è l'essere.
Risulta allora l'essenziale differenza che corre tra la metafisica come scienza
e le scienze determinate (fisica, matematica ecc.). Queste ultime sono scienze
determinate, perché studiano un determinato settore della realtà, non in quanto
è realtà, ma in quanto è questa specifica e determinata struttura. In questo
senso esse sono parziali. Di fronte a questa qualificazione la metafisica è
scienza totale o del tutto, perché oltre e fuori dell'essere non c'è nulla:
l'essere è l'orizzonte assoluto e illimitato. Proprio perché non lascia fuori di
sé se non il nulla, non ci può essere nulla che le si possa opporre e che la
possa limitare, che possa andarle contro.
Occorre, tuttavia, prevenire una facile illusione, dicendo che la metafisica è scienza totale: si intende che è scienza del tutto,
non che è scienza di tutto. Il tutto in quest'ultimo senso è quantitativo e dà
origine al sapere enciclopedico, alla conoscenza determinata di ogni cosa nella
sua determinatezza; il tutto in senso metafisico è lo stesso essere, in cui ogni
e singola determinazione si viene a collocare; ma sapere questo tutto non
equivale affatto a sapere ogni e singola determinazione. Da qui la sobrietà che
caratterizza lo studio della metafisica.
Distinguiamo un oggetto materiale e un oggetto formale.
L'apparire e il pensiero nell'essere
L'oggetto materiale della metafisica è l'integralità dell'esperienza, la
datità immediata (l'esser dato immediatamente) di tutto ciò che è presente.
Avere esperienze è non solo essere in presenza di realtà o della realtà, ma è la
stessa presenza immediata di cose determinate, di entità singolari, diverse,
variabili, di fenomeni che si presentano. L'esperienza "sono" le cose, le cose
in quanto date (a pensare) sono l'esperienza.
Questa presenza integrale si esprime in affermazioni elementari: questo è o
esiste; questo è qualcosa, una cosa, una realtà; questo è reale, è esistente;
questo c'è.
Questo primo momento è costituito dall'identità del «c'è qualcosa (aliquid
ex-sistit)» e dell'«appare qualcosa».
Esso, però, è costituito anche dal «penso qualcosa», che è identico al «c'è
qualcosa» e all'«appare qualcosa». In esso emergono le domande: «che cosa
significa realtà?», «Che cosa significa l'è di ogni affermazione?», «Che
cosa significa affermare di ogni cosa che essa è o esiste?».
Queste domande costituiscono il punto di coincidenza, di identità per cui il
pensiero è la manifest(ativi)tà, vale a dire l'essere
manifesto, dell'essere e l'essere è il "manifesto", ciò che si manifesta come
pensiero.
Questa coincidenza o identità (di essere e pensiero) è ciò che si chiama oggetto
formale della metafisica; in esso viene alla luce il valore di essere insito in
ogni datità, in ogni esperienza.
La metafisica è scienza in quanto è pensiero che rileva nelle datità
dell'esperienza la forma dell'essere o della realtà; il pensiero dell'essere è
anche chiamato idea o concetto o nozione di essere o di ente, l'idea il cui
contenuto è l'essere.
In senso proprio la metafisica considera, di ogni dato, di ogni cosa, di ogni oggetto dell'esperienza la forma universalissima, per cui esso è, è realtà, è ente: considera, dunque l'ente (ogni cosa presente nell'esperienza) in quanto è, è ente, considera l'essere di tutto ciò che è e lo considera come essere.
«Ciò il cui atto è essere»
Una prima approssimazione al pensiero o all'idea di essere mostra che l'ente
in quanto ente, cioè nel suo essere, è ciò cui compete l'essere o, ancora, ciò
il cui atto è essere.
Ciò si chiarisce tramite il paragone con il vivente: «ciò il cui atto è vivere».
"Atto" è da intendersi come attualità pura, perfezione massima, entelécheia:
l'essere è l'atto di tutto ciò che è in tutto ciò che è, come il vivere è
l'attualità del vivente, di tutto ciò che è vivente in tutto ciò che è vivente.
Essere è l'atto totale, fondamentale e integrale di ciò che è.
Questo pensiero o idea dell'essere non è idea né concetto né nozione pari con
qualsiasi altra: possiede una sua unica e singolarissima struttura, che lo
distingue da ogni altro pensiero. Infatti:
a) L'idea di essere è indefinibile, in quanto non gli si può aggiungere
nulla di estraneo o estrinseco, nulla può darsi di separato e di indipendente da
esso come una differenza specifica. Questo, però, è solo un aspetto logico e
negativo.
b) In senso positivo l'indefinibilità consiste nel rilevamento del fatto
che nessun concetto, nessuna nozione si oppone al pensiero dell'essere, tranne
la sua negazione; ma la sua negazione – il non essere – non può essere impiegata
per definire l'essere. In questo senso il pensiero dell'essere è il più
primitivo, il più originario, il massimo. D'altronde, tale pensiero include
tutte le determinazioni, tutte le nozioni, tutte le differenze come suoi modi:
le differenze, le diversità, le determinazioni sono essere e sono quel che sono
in quanto sono nell'essere, non, quindi, fuori di esso né come aggiunte a esso
da un'altra origine.
c) Questa massima originarietà si approfondisce ulteriormente
nell'affermazione che l'essere è primum notum et per se notum. In quanto primum notum, esso è la prima e primordiale evidenza, la prima notizia,
quella che conosciamo primariamente, che è supposta in anticipo da ogni altra ed
è principio di ogni altra. In quanto per se notum, l'essere è conosciuto
immediatamente, per se stesso, si illumina di luce propria, è immediatamente
pensiero. Perciò, non ha bisogno di altro per essere conosciuto: noto "per sé"
equivale a noto "non per altro (che per sé)". Il "per sé" indica l'immediatezza
originaria (pensiero ed essere si originano insieme), l'evidenza assoluta, la
luminosità universale, l'evidenza.
Significato dell'idea di essere
Per significato si intenda referenza o riferimento.
L'idea di essere significa l'essere, tutto l'essere, ogni essere.
Per precisare la natura di tale significare, si considerino tre aspetti:
a) poiché l'idea di essere esclude solo il nulla e, dunque, include tutto ciò
che è, perché è e in quanto è, questa universale inclusione comporta che il suo
significare sia astratto: l'idea di essere è astratta. In quanto considera tutto
come essere, non considera le determinazioni generiche e specifiche, ma significa solo l'essere. In tal modo essa si presenta come la
più povera notificazione, come il significato minimo, che si riferisce a ciò che
è assolutamente richiesto per non essere nulla: dice solo l'essere. L'esplicito significato dell'idea di essere è il più
povero, il minimo per la massima astrattezza;
b) per sua stessa natura,
questa minima astrattezza esplicita si converte nella più intensa ricchezza
implicita: la sua astrattezza è un'astrattezza per intensità. Infatti, nulla
esiste al di fuori di ciò che è, nulla è estraneo all'essere, ma tutto
assolutamente è implicito o implicato in esso, giacché ogni cosa è.
L'idea di essere, allora, significa tutta la realtà e la significa
adeguatamente, ossia in tutte le sue determinazioni;
c) quanto alla modalità di questa implicanza, si deve dire che l'idea di
essere implica tutti gli enti e tutte le determinazioni:
- non come idea collettiva (a esempio: foresta, esercito); infatti essa non è
la somma di tutti gli enti che sono, bensì l'orizzonte entro cui appare e
sussiste ogni ente e la totalità degli enti;
- non potenzialmente, ma formalmente: il genere (es. animale) implica
potenzialmente le sue specificazioni e differenze, in quanto ha la possibilità
di riceverle tutte, l'essere, al contrario, non è in potenza nulla e, quindi,
significa ogni cosa e ogni determinazione secondo la loro forma, ossia secondo
l'attualità di essere;
- non virtualmente, ma attualmente: il seme implica virtualmente la pianta,
l'essere, al contrario, implica attualmente tutto ciò che è, è l'attualità di
tutte le cose, il loro essere perfettamente.
Trascendentalità dell'idea di essere
Quanto all'estensione, risulta evidente che l'idea di essere, non escludendo
nulla da sé e significando implicitamente tutto e totalmente, è universale.
In forza della sua implicanza formale e attuale, l'idea di essere è però una
nozione unificatrice. Tale suprema unificazione consiste nel fatto che le
diversità, le differenze, non vengono eliminate e soppresse, bensì mantenute e
fondate nell'idea stessa dell'essere: l'unità dell'essere è unità della
diversità e nella diversità. Essa è così il riconoscimento della fondamentale
somiglianza e comunanza, in cui tutte le realtà convengono e convergono:
l'essere è quel carattere che impregna e costituisce interamente ogni cosa e per
cui nessuna di esse si oppone alle altre; ogni cosa è essere e lo è in tutti i
suoi aspetti.
Si deve, pertanto, ritenere inadeguato il termine «universale» per designare
'estensione dell'idea di essere. Più appropriatamente si deve dire che l'idea di
essere è trascendentale.
In senso ontologico trascendentale si oppone a categoriale. Categoriale denota
una certa dimensione o settore o genere o regione dell'essere e i concetti
corrispondenti. L'essere è trascendentale, in quanto non si restringe né si
limita né si determina a nessuna di queste dimensioni, ma le abbraccia tutte e
le trascende tutte, sia intese singolarmente sia intese nel loro insieme.
Per il fatto di trascendere tutte le categorie, il significato trascendentale
dell'essere e della sua idea viene a mostrare il suo carattere di
intrascendibilità, di insuperabilità; in quanto intrascendibile, l'essere e la
sua idea non lasciano fuori di sé se non il nulla.
L'essere è l'assoluto orizzonte, in cui si manifesta tutto ciò che viene a
manifestazione, in cui è conoscibile tutto ciò che si conosce e in cui sussiste
tutto ciò che esiste. In questo senso l'idea di essere possiede un'estensione
illimitata, al punto che si deve dire che essa vale per l'esperienza e al di là
dell'esperienza. Ciò che si presenta nell'esperienza, infatti, non può essere
affermato se non come essere.
Da ciò scaturisce immediatamente l'incondizionatezza dell'essere: l'essere non
ha alcuna condizione per essere, bensì è la condizione di ogni cosa che è. La
condizione dell'essere è l'essere stesso. Altrettanto immediatamente, da ciò
scaturisce anche l'assolutezza dell'essere (ab-solutus = slegato,
sciolto). L'essere, invece, è il legame, il vincolo, in cui tutto si
tiene e che tutto stringe: l'essere è, ed è per se stesso, mentre tutto è per
l'essere.
Giudizio intuitivo ed espressivo dell'essere
Da quanto fin qui detto sull'idea di essere emerge la problematicità dell'uso
linguistico relativo all'essere.
È infatti improprio parlare di idea, di concetto, di nozione di essere, perché
tutti questi termini si riferiscono a una definizione, che per l'essere è
impossibile.
L'essere significa anche, per identità, la verità di tutto ciò che è, in quanto
ne significa l'atto; il luogo vero e proprio, in cui si manifesta la verità
dell'essere, è il giudizio intuitivo ed espressivo: nel giudicare avviene
l'apprensione dell'essere.
L'essere è il manifesto in sé e per sé; la sua manifestazione è il giudizio. Nel
giudizio l'essere è affermato e posto in concreto.
Essere e determinazione: implicanza ed esplicitazione
Di ogni manifestazione dell'essere in enti molteplici, vari e diversi la
metafisica afferma che è, fino ad abbracciare la loro molteplicità, varietà e
diversità. Emerge in questo modo il carattere della reciprocità, che sorregge
ogni giudizio metafisico. Non si dice solo: questa determinazione è, ma
si dice anche: l'essere vale anche per questa determinazione.
Con questo procedimento si rileva il fatto che l'essere e la sua manifestazione
si restringono, si delimitano e si contraggono in riferimento alla molteplicità,
varietà e diversità degli enti di cui si predicano. È quel procedimento in forza
del quale l'implicanza trascendentale dell'essere si esplica.
Ogni esplicazione, o esplicitazione, è determinazione dell'essere, o l'essere in
una sua determinazione. La metafisica corrisponde all'esplicazione dell'essere
nelle sue manifestazioni.