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CLASSE   IV   -   Sintesi di Storia (5)

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Terminologia storica

 

l Terrore e l'eliminazione di Robespierre

 

 

I rivoluzionari reagirono a questo aggravarsi del pericolo esterno con un inasprimento delle repressioni interne, adottando misure precauzionali nei confronti di tutti i sospetti e gli emigrati, sospendendo l'inviolabilità dei deputati, restringendo la libertà di stampa e istituendo, infine, il Comitato di Salute Pubblica, incaricato di sorvegliare e rendere più sollecita l'azione dell'amministrazione (aprile 1793).
Tutte queste misure, come è chiaro, contraddicevano apertamente i principi dell'Ottantanove e miravano a raggiungere gli intenti della Rivoluzione legittimando il cosiddetto “dispotismo della libertà”.

 

Questo tipo di politica era tuttavia lontana dal riscuotere l'unanimità dei consensi in seno allo stesso campo repubblicano: i Girondini, infatti, si mostrarono in disaccordo nei confronti di Montagnardi e Giacobini e cercarono, nell'aprile del '93, di imporre alla Convenzione la discussione di una nuova costituzione e di ottenere la destituzione dei rappresentanti del Comune di Parigi, base d'azione degli estremisti.
Un nuovo comitato insurrezionale, però, sostenuto dalla capitale in rivolta, si impose alla Convenzione, facendo arrestare diversi suoi membri fra i più compromessi del partito girondino (2 giugno 1793).
I Montagnardi, quindi, stabilivano la loro dittatura; essi però si preoccuparono di ottenere l'adesione delle classi popolari, migliorandone le condizioni di vita e dando loro la costituzione da tempo promessa.
In pochi giorni tale costituzione repubblicana venne elaborata, discussa e approvata (24 giugno).

 

La Costituzione repubblicana
Vero atto rivoluzionario, la Costituzione del 1793 (o Costituzione dell'anno I) dichiarava la Repubblica Francese “una e indivisibile”, modificava il sistema elettorale restringendo il periodo di una legislatura a un anno e affidava il potere esecutivo a un Consiglio di 24 membri, da rinnovarsi per metà ad ogni legislatura.

 

La portata rivoluzionaria della nuova costituzione era data soprattutto dall'articolo del preambolo, che riconosceva il diritto all'insurrezione, che diventava, quando il potere costituito violava il diritto del popolo, il più sacro e inviolabile dei doveri.
Nel contempo i beni degli emigrati, da tempo confiscati come quelli del clero e in parte venduti come beni nazionali, vennero ora suddivisi in piccoli lotti alla portata, con un sistema di pagamento rateale, dei ceti rurali.

 

L'opposizione, però, sia antirivoluzionaria sia moderata era pur sempre forte, specialmente in provincia, e si manifestava in defezioni di città, in formazioni di corpi armati controrivoluzionari o in gesti clamorosi, come l'uccisione del Marat da parte di Carlotta Corday (13 luglio '93).

 

Il Terrore

 

In questo momento si impose la figura di Massimiliano Robespierre, chiamato alla fine di luglio del 1793 a far parte del Comitato di Salute Pubblica e divenutone presto l'effettivo capo.
Per far fronte al pericolo proveniente dagli Stati esteri, si decretava la leva in massa e si ponevano tutti i Francesi in stato di requisizione permanente al servizio dell'esercito (agosto). Perciò la Convenzione decretò una leva di trecentomila uomini. Ogni dipartimento doveva fornire un contingente in proporzione alla propria popolazione, ma in Vandea scoppiò la rivolta.
I contadini non volevano né potevano lasciare i campi e le famiglie e neppure capivano perché avrebbero dovuto farlo, dato che il loro re era stato ghigliottinato e la loro Chiesa costretta al silenzio ad opera di una società urbana che li sfruttava. Sulle coste atlantiche, d'altronde, era più facile che altrove ricevere aiuti dalla flotta inglese. I controrivoluzionari, che si preparavano da tempo, organizzarono dei comitati monarchici e proclamarono re di Francia il figlio del sovrano morto, con il titolo di Luigi XVII. Cominciò una guerriglia partigiana fatta di imboscate dopo le quali i contadini nascondevano i fucili e si rimettevano a lavorare la propria terra.
In Vandea si formò un grande esercito cattolico e monarchico, di circa ventimila uomini, che impegnò le armate della Convenzione per tutta l'estate e l'autunno del 1793; gli orrori e le atrocità di questa guerra civile furono senza limiti. Non si facevano prigionieri, che venivano sistematicamente massacrati. nell'agosto del '93 la Convenzione decretò la guerra totale contro la Vandea, il cui esercito monarchico fu distrutto, ma riprese la guerriglia.
Veniva inoltre attuata un'audace politica finanziaria, con la quale gli assegnati erano svalutati e tutti i titoli di credito venivano unificati nel Debito pubblico della Repubblica, con l'intento di legare molti interessi privati alla sorte del regime esistente.

 

Giunta la notizia della presa di Tolone, nel sud della Francia, da parte degli inglesi, i capi rivoluzionari inasprirono ulteriormente la politica di repressione, instaurando il regime che rimase tristemente famoso con nome di Terrore.
Il controllo del Tribunale rivoluzionario di Parigi, istituito nel marzo del '93, si estese fino a togliere al cittadino qualsiasi possibilità di difesa legale contro l'autorità. Ex-aristocratici o loro dipendenti, costituzionali che si erano trovati in dissenso con la politica dei Montagnardi, generali che non avevano saputo riportare vittorie impossibili, venivano sottoposti a giudizio sommario e inviati alla ghigliottina; vennero così giustiziati la regina, il duca di Orleans, che aveva aderito alla Rivoluzione con il nome di Filippo Égalité, e la maggior parte dei deputati girondini arrestati in occasione del colpo di stato del 2 giugno.
Lo stesso feroce rigore venne usato contro le città ribelli (cioè propense a una politica più moderata), come Lione e Bordeaux
Mentre la situazione militare alla frontiera settentrionale veniva “salvata” con la vittoria di Wattignies (ottobre '93), veniva sviluppata dal Robespierre e dai suoi collaboratori una vera e propria teoria del governo rivoluzionario, che ammetteva la necessità di sospendere la libertà per portare a termine vittoriosamente la guerra contro tutti i nemici interni ed esterni della libertà stessa.
Veniva introdotto un nuovo calendario (che veniva fatto iniziare dal giorno successivo all'abolizione della monarchia) e la nuova religione dell'Essere supremo in sostituzione del culto cristiano.

 

Un nuovo tipo di esercito

 

Prima della Rivoluzione, in Francia come in tutti i Paesi europei, quello delle armi era un mestiere come ogni altro.
Ci si arruolava in cambio di uno stipendio e si veniva addestrati alle complicate manovre sul campo, per rimanere inquadrati per molti anni.
Gli ufficiali erano tutti nobili, quasi titolari delle proprie unità. Gli eserciti erano piccoli, ben preparati ma assai poco motivati a combattere.
La Rivoluzione cambiò tutto: in pochi mesi l'esercito regolare fu spazzato via dall'avanzata austriaca e prussiana, mentre gli ufficiali erano in larga misura emigrati.
Per un anno convissero in Francia due eserciti: uno professionista, ancora depositario di un'ottima preparazione, uno volontario, impreparato ma irresistibile nei suoi attacchi alla baionetta.
Con la leva di massa si procedette all'amalgama fra i due eserciti. Nel nuovo esercito francese le promozioni si ottenevano sul campo; non contavano più né la nascita né la preparazione accademica; i nuovi ufficiali provenivano quindi dai ranghi dei soldati e rimanevano vicinissimi alla truppa, con un forte spirito di corpo. Era un esercito immenso, non più con decine ma con centinaia di migliaia di uomini mobilitati, che si fondava sul coraggio individuale e sulla forza d'urto della massa, un esercito di popolo, intimamente appoggiato dalla nazione, che metteva in moto una gigantesca macchina di rifornimenti e faceva girare l'economia.
Gli altri eserciti, soprattutto quello prussiano, si adeguarono al modello francese e si trasformarono anch'essi in eserciti di popolo, in grado di competere con quello francese.

 

La caduta di Robespierre

 

In questa atmosfera di fanatismo estremo il terrore colpì gli stessi colleghi e collaboratori del Robespierre: Desmoulin, Hébert, Danton, tutti inviati alla ghigliottina dopo giudizi sommari.
All'inizio di aprile del 1794 il dittatore fece sopprimere il Consiglio esecutivo (il Consiglio dei ventiquattro), sostituito con commissioni particolare soggette al Comitato di salute pubblica e nel maggio i tribunali rivoluzionari provinciali furono assorbiti da quello parigino.

 

L'opposizione contro la dittatura del Robespierre e contro ciò che essa esprimeva era tuttavia sempre più generale e si manifestò in forma improvvisa e vittoriosa quando alcuni esponenti di primo piano dell'attuale regime si resero conto che solo abbattendo il dittatore avrebbero potuto salvare se stessi. Disperati, si opposero al Robespierre in piena Convenzione e riuscirono a farlo mettere in stato d'accusa.
Il dittatore, malgrado l'agitazione in suo favore dei quartieri popolari di Parigi, fu arrestato e subì la medesima sorte che aveva inflitto alle vittime del suo regime (28 luglio 1794).

 

La Costituzione dell'Anno III

 

Gli eventi del 27-28 luglio 1794 (arresto ed esecuzione di Robespierre) segnarono una svolta decisiva nella storia della Rivoluzione. Per la prima volta dalla presa della Bastiglia le forze insurrezionali parigine non avevano avuto l'ultima parola.
La Convenzione (cioè l'organo rappresentativo) riprese ad essere il centro del potere politico e iniziò un'opera di conciliazione degli animi, fatta eccezione per la persecuzione degli ambienti giacobini (novembre '94) che si volgevano alle masse indigenti per ottenerne l'appoggio. Nell'aprile e nel maggio dell'anno successivo i tentativi di riscossa messi in atto dai Montagnardi, vennero repressi con l'aiuto dell'esercito.
In tale atmosfera la commissione incaricata dalla Convenzione di preparare le leggi organiche per mettere in vigore la costituzione del '93 (la Costituzione dell'anno I), mai divenuta operativa per il colpo di stato, si lasciò trascinare a redigere una nuova costituzione, la cosiddetta Costituzione dell'anno III, approvata nell'agosto del 1795.
Questa costituzione ribadiva alcuni principi della costituzione del 1793 (in particolare l'unità e indivisibilità della Repubblica francese), ma in uno spirito molto diverso. Fu in parte ridotta l'estensione del corpo elettorale, permettendo il voto a chi pagasse un tributo, e si ribadì la divisione dei poteri, esclusa dalla costituzione del '93, istituendo un nuovo Corpo Legislativo, formato da un Consiglio degli Anziani e da un Consiglio dei Cinquecento, affidando il potere esecutivo a un Direttorio di cinque membri, nominati dal Corpo Legislativo, ma dotati di poteri relativamente ampi, e istituendo in ambito giudiziario un'Assemblea di revisione delle leggi.

 

 

 

Il Direttorio

 

 

Il Direttorio
L'inquietudine popolare, non accennava tuttavia a diminuire e verso l'ottobre del '95, a motivo delle operazioni elettorali per il nuovo Corpo Legislativo, che avevano suscitato proteste, diverse sezioni della capitale insorsero.
La Convenzione, allora, affidò l'incarico di far fronte alla situazione a uno dei Direttori, il Barras, che si valse dell'opera del generale di brigata Napoleone Bonaparte: nello spazio di poche settimane il Bonaparte, che aveva prontamente ristabilito l'ordine nella capitale, era nominato generale di divisione e comandante dell'armata dell'interno. Da allora ebbe inizio la sua brillante ascesa al supremo potere dello Stato.
Le difficoltà maggiori per il nuovo governo direttoriale erano naturalmente quelle di ordine finanziario: dovendo chiedere l'aiuto di potenti interessi bancari, dovette poi sottostare alle direttive degli istituti di credito; per liberarsene, del resto, avrebbe dovuto appoggiarsi ai generali, che pure disponevano di grandi somme, tratte dai paesi conquistati dai rinnovati eserciti della Repubblica, ma i generali, a loro volta, avrebbero imposto la loro volontà al governo, fino ad impadronirsene.

 

La 1ª Campagna d'Italia e la spedizione in Egitto

 

La situazione militare e internazionale volgeva, nel frattempo, a favore della Francia.
La politica estera francese, che con la fine del 1792 aveva rinunciato, al carattere difensivo assunto nella prima fase della Rivoluzione, raccolse il frutto di due anni di febbrile attività sia nel campo militare sia in quello della penetrazione ideologica nei paesi stranieri.
Fin dalla primavera del 1795 la Repubblica francese aveva concluso la pace con la Prussia (trattato di Basilea: evacuazione francese della riva destra del Reno e occupazione temporanea della riva sinistra) e con la Repubblica delle Province Unite (trattato dell'Aia: pagamento di un'indennità di guerra alla Francia e di un'alleanza offensiva e difensiva fra i due paesi).

 

L'Austria e l'Inghilterra, invece, erano irriducibili e il Direttorio organizzò contro quella che appariva la più vulnerabile, l'Austria, un'offensiva generale che portò le armate francesi nella Germania centro-meridionale e in Italia. Il Bonaparte, al comando dell'armata d'Italia, dopo avere ripetutamente battuto sul campo le truppe piemontesi e austriache e dopo avere promosso la nascita di nuovi stati repubblicani, le Repubbliche Transpadana e Cispadana, ottenne dai piemontesi la cessione di Nizza e della Savoia (armistizio di Cherasco e pace di Parigi, aprile 1796) e dagli austriaci, valicate le Alpi a Tarvisio, la Lombardia e il Belgio (abbandonando invece Venezia agli Austriaci), il tutto senza attendere alcuna direttiva dal governo francese, ma agendo di propria iniziativa (preliminari di Leoben, aprile 1797, e trattato di Campoformio, ottobre 1797).
Il Trattato di Campoformio sanciva due cose: a) il crescente potere personale del Bonaparte, che aveva saputo imporre la propria volontà sia agli austriaci sia al governo francese, in merito alle questioni italiane; b) il ripudio della politica dei confini naturali sostenuta dalla Francia repubblicana.

 

Nella primavera del 1798 il Bonaparte interveniva con autorità a indicare quale atteggiamento la Francia dovesse assumere verso i territori stranieri annessi o da annettere in Italia e in Germania. La politica annessionistica da lui ispirata contribuì alla sua popolarità all'interno, ma finì per provocare un nuovo allineamento delle potenze europee contro la Repubblica.
Nell'autunno del '98 si costituiva così la Seconda coalizione (Inghilterra, Russia, Austria e Turchia), con l'intento di liberare la Svizzera, controllata dai Francesi, riconquistare la Lombardia, costituire tra Belgio o Olanda un unico e solido Stato-barriera, ricondurre la Germania all'assetto politico-territoriale del 1792. L'intento di riportare la Francia entro i confini prerivoluzionari avrebbe costituito la motivazione di tutte le successive coalizioni europee fino al 1815.

 

 

 

Napoleone in Italia e in Egitto

 

 

Il Bonaparte fece approvare dal Direttorio un proprio piano strategico che lo avrebbe impegnato contro l'Inghilterra in Egitto, un settore vitale per le comunicazioni della grande potenza coloniale.
Mentre altri generali tenevano vittoriosamente testa in Svizzera e in Olanda ad Austriaci, Russi e Inglesi, il Bonaparte, in Egitto, otteneva una vittoria contro i Mamelucchi alle Piramidi (luglio 1799) e, incurante del fatto che la squadra navale britannica dell'ammiraglio Nelson avesse distrutto la sua flotta (agosto), si lanciava contro i Turchi, sbaragliandoli in Siria e nuovamente in Egitto.

 

La fine della Rivoluzione

 

Il Consolato
Nell'ottobre, abbandonando il proprio esercito privo di navi in Egitto, il Bonaparte ritornava in Francia, dove alcuni tra i personaggi più in vista del regime direttoriale (compresi i fratelli Giuseppe e Luciano, il Talleyrand, il Sieyès, il Barras) lo attendevano per un colpo di stato.
Nel novembre, infatti, veniva posto termine con la forza (le truppe del Bonaparte evacuarono i Cinquecento dalla loro sede) al sistema di governo vigente e veniva ad esso sostituita una provvisoria Commissione consolare esecutiva incaricata di «riorganizzare l'amministrazione, ristabilire la tranquillità interna e procurare una pace onorevole e solida».
Il programma del Consolato corrispondeva pienamente alle esigenze della massa della nazione, la quale, stanca di guerre e di rivolgimenti interni, voleva vedere consolidate le maggiori conquiste della Rivoluzione ponendo fine, nel contempo, all'instabilità e all'incertezza che la Rivoluzione aveva inaugurato.
Nel dicembre del 1799 venne promulgata la quarta costituzione dall'inizio della Rivoluzione, la Costituzione dell'anno VIII, espressione del rigido criterio gerarchico con cui si voleva porre termina al disordine dell'epoca rivoluzionaria.
Il sistema elettorale fu abolito e ai cittadini fu dato un semplice diritto di designazione, mentre il potere era effettivamente conferito dall'alto. A capo del governo stavano tre consoli, nominati per dieci anni; al Primo Console, il Bonaparte, era riservata la nomina dei ministri, degli ambasciatori, dei generali, dei membri delle amministrazioni locali. Il potere legislativo era affidato a un Senato, nominato dal secondo e dal terzo console e dai suoi stessi membri, a un Tribunato e a un Corpo Legislativo. Potevano ricoprire le cariche relative a questi organi soltanto persone i cui nomi figurassero in liste di «notabili» accuratamente vagliate e controllate per escluderne tutti gli elementi ritenuti contrari o pericolosi.
La posizione centrale occupata dal Bonaparte offriva del resto ai più garanzia sufficiente al funzionamento dell'amministrazione all'interno e della difesa all'estero.

 

La 2ª campagna d'Italia

 

Dopo avere introdotto misure atte a produrre la riconciliazione degli animi (anche chiamando elementi dei precedenti regimi, addirittura pre-rivoluzionari, a partecipare al governo, mitigando o abolendo le disposizioni rivoluzionarie contro le varie categorie di proscritti), il Bonaparte, al fine di accrescere il consenso dei francesi nei proprio confronti si impegnò per ristabilire la situazione delle armi francesi, compromessa soprattutto in Italia, dove gli austriaci (coadiuvati dai russi) erano riusciti a riconquistare diversi territori.
Con la vittoria decisiva di Marengo, nel giugno del 1800, il Bonaparte ricostituì la Repubblica Cisalpina, mentre in Germania i suoi generali ottenevano altre vittorie.
L'imperatore Francesco II fu costretto alla pace, firmata a Lunéville nel febbraio del 1801. Con essa la Francia otteneva definitivamente la riva sinistra del Reno, mentre l'Austria riconosceva le repubbliche costituite o riformate sotto influenza francese (Batava [Paesi Bassi], Elvetica, Cisalpina e Ligure), pur conservando il territorio dell'ex Repubblica di Venezia fino al confine dell'Adige.
Seguirono la pace con la Spagna, che cedette la Louisiana, la pace con il re di Napoli, costretto a chiudere i porti agli inglesi, e con l'Inghilerra (dopo diverse vicende, trattato di Amiens, marzo 1802).

 

Le riforme napoleoniche

 

Con la pace di Amiens (marzo 1802) l'Egitto ritornava alla Turchia e Malta, occupata dagli Inglesi nel '99, finiva per divenire definitivamente inglese, mentre alla Francia veniva riconosciuta anche dall'Inghilterra la riva sinistra del Reno.
Ristabilita quindi la pace, il Bonaparte iniziò con il suo governo una vasta opera di riforma:
 - amministrativa (attuata con la nomina dei prefetti a capo dei dipartimenti),
 - finanziaria e tributaria (istituzione della Banca di Francia e di un ufficio per la riscossione delle imposte dirette),
 - giudiziaria (composizione del Codice napoleonico),
 - religiosa (conclusione del concordato con la Chiesa cattolica, sulla base del riconoscimento della religione cattolica come la religione della grande maggioranza dei Francesi e, da parte della Chiesa, del possesso dei beni ecclesiastici posti in vendita dai successivi governi rivoluzionari),
 - educativa (istituzione dei Licei di Stato),
 - culturale (riorganizzazione dell'«Istituto» fondato nel 1795 al posto delle antiche Accademie).
Nell'atmosfera ottimistica, coincidente con il ritorno della prosperità, il Bonaparte poté farsi assegnare da un plebiscito la carica di Console a vita (agosto 1802), facendo modificare la costituzione per accentrare maggiormente i poteri nella sua persona e ponendo, quindi, le basi per la trasformazione della Repubblica consolare nell'Impero napoleonico.

 

L'Impero

 

La scoperta di una congiura preparata da elementi emigrati per rovesciare il regime consolare e restaurare la monarchia – e contemporaneamente la ripresa della guerra contro l'Inghilterra – fornirono al Bonaparte l'occasione favorevole per ottenere, il 18 maggio 1804, la nomina a Imperatore dei Francesi, prospettata al popolo come una garanzia e una conferma solenne delle conquiste politico-sociali della Rivoluzione nonché della potenza raggiunta dalla nazione francese sotto Napoleone.

 

L'Italia dal 1796

 

Con l'armistizio di Cherasco (1796) il Piemonte veniva posto sotto il controllo militare francese. La Lombardia, intanto accoglieva con entusiasmo l'ingresso di Napoleone ed altrettanto entusiastica fu l'accoglienza riservata dagli emiliani ai francesi, tanto che proprio a Bologna furono poste le basi della prima repubblica italiana vassalla della Francia, la Cispadana. Nel 1797, poi, si costituiva la Repubblica Cisalpina, destinata a rappresentare, con le sue successive trasformazioni fino alla costituzione del napoleonico Regno Italico, l'ossatura fondamentale del sistema italiano instaurato dalla Francia in questo periodo.
La Repubblica Cisalpina, con capitale Milano, fu il centro politico e militare da cui i Francesi operarono per ristrutturare il territorio italiano secondo un modello organizzativo più idoneo a favorire gli interessi politici e militari della Francia.
La “tattica” francese faceva appello agli elementi più progressisti presenti nelle diverse zone per creare il consenso necessario tra le popolazioni per un ingresso non ostile degli apparati militari e di governo francesi. Tale tattica venne applicata a Roma, dove la repubblica poté realizzarsi nel 1798 (fuggito il papa Pio VI), in Piemonte, da dove Carlo Emanuele IV fu costretto a ritirarsi in Sardegna, abbandonando i suoi stati di terraferma, annessi integralmente alla Francia (dicembre 1798), in Toscana, dove anche il granduca fu costretto a lasciare i suoi stati, nel Regno di Napoli, dove Ferdinando IV di Borbone, dopo aver tentato di muovere guerra ai francesi insediati in Roma, dovette fuggire e rifugiarsi in Palermo sotto la protezione della flotta inglese, lasciando che a Napoli si costituisse una repubblica democratica partenopea (gennaio 1799).
L'Italia, salvo le isole e i territori della ex Repubblica Serenissima di Venezia, venne organizzata tutta in repubbliche sul modello della Repubblica francese.

 

Con la seconda campagna d'Italia nel 1800, poi, il Bonaparte ripristinò la situazione del '96-98 che si era deteriorata a favore delle forze antirivoluzionarie e antinapoleoniche le quali avevano riguadagnato terreno nella penisola, riprendendo la pianura padana e il napoletano, durante l'assenza di Napoleone impegnato in Egitto.
Nei cosiddetti Comizi di Lione i rappresentanti dei territori italiani furono allora coinvolti nella ristrutturazione della Repubblica Cisalpina che fu trasformata nella Repubblica Italiana (dicembre 1801-gennaio 1802), di cui il Bonaparte divenne il presidente, rappresentato dal vicepresidente milanese conte Francesco Melzi d'Eryl.
Nel 1805, infine, con la trasformazione della Repubblica Italiana in Regno Italico, di cui Napoleone fu il re e di cui fu viceré il figliastro di Napoleone Eugenio di Beauharnais, l'Italia appariva così suddivisa sotto l'influenza francese:
 - Piemonte, Liguria, Toscana e Lazio erano direttamente dipendenti dall'amministrazione francese come parti integranti dell'Impero;
 - dalla Lombardia al Veneto, all'Emilia e alle Marche si estendeva il Regno d'Italia;
 - sotto Gioacchino Murat, cognato di Napoleone (in luogo di Giuseppe Napoleone, destinato a reggere la Spagna) il Regno di Napoli.
Rimanevano escluse dall'assetto napoleonico le isole, la Sicilia sotto i Borboni e la Sardegna sotto i Savoia.

 

Le spartizioni della Polonia

 

Ad oriente dell'Europa tedesca altri paesi, benché lontani dal centro di irradiazione delle ideologie rivoluzionarie e dal centro di forza della Francia napoleonica, subirono in modo intenso gli effetti dei grandi eventi occidentali.
Spicca fra essi la Polonia, giunta all'inizio dell'epoca rivoluzionaria mutilata e umiliata dalla prima spartizione del suo territorio fra Russia, Prussia e Austria, avvenuta nel 1772. Sensibile nei decenni precedenti al movimento illuministico, la Polonia dopo lo scoppio della Rivoluzione francese si diede una nuova costituzione (1791) che poneva riparo ai maggiori difetti della costituzione antica. Fra l'altro:
 - veniva abolito il liberum veto che permetteva a singoli membri della Dieta di paralizzare le deliberazioni parlamentari e in certi casi di far piombare addirittura il paese nell'anarchia;
 - veniva migliorata la posizione giuridica dei contadini e venivano istituite due Camere;
 - l'istituto monarchico veniva reso ereditario e quindi stabilizzato.
Questa costituzione, tuttavia, salutata con simpatia dagli inglesi e dagli elementi moderati fra i rivoluzionari francesi, a offrì a Caterina II di Russia il pretesto per operare, d'accordo con la Prussia una seconda spartizione del paese (1793); secondo la zarina, infatti, la Polonia costituiva un pericoloso focolaio di giacobinismo nell'Europa centro-orientale.

 

Alla spartizione del '93 seguiva l'anno successivo un'insurrezione nazionale, sedata in modo cruento nel 1795 con la terza e definitiva spartizione della Polonia, che veniva cancellata dalla carte geopolitiche d'Europa, in quanto totalmente incamerata da Russia e Prussia. Soltanto nel 1808 il Bonaparte avrebbe ridato un'identità nazionale ai polacchi costituendo il Granducato di Varsavia.

 

La Terza Coalizione

 

L'istituzione dell'impero non incontrò sensibile opposizione all'interno, ma portò, nel 1805, alla formazione della Terza coalizione (Inghilterra, Austria e Russia) per opporsi alla politica di potenza condotta dalla Francia e all'usurpazione del titolo imperiale da parte di Napoleone.
Dopo l'alleanza di Inghilterra e Russia nell'aprile, l'Austria scese in campo più tardi, dopo che Napoleone assunse la corona di re d'Italia e procedette ad annettere Genova alla Francia (maggio-giugno).

 

A fronte di ciò, in un primo momento, l'intenzione di Napoleone fu quella di stroncare l'opposizione inglese, dando seguito allo sbarco sulle coste inglesi; già da due anni, infatti, egli aveva ammassato un consistente numero di uomini nella zona di Boulogne, sulla Manica, pronti a prendere il mare alla volta dell'Inghilterra, ma il piano dovette essere accantonato quando l'ammiraglio inglese Orazio Nelson riuscì a distruggere le flotte francese e spagnola presso capo Trafalgar (Spagna merid.), in modo da rendere impossibile il trasporto delle truppe francesi.
Sconfitto sul mare, il Bonaparte trasferì fulmineamente il suo esercito fino sul Danubio e ottenne due decisive vittorie sui campi di Ulm e di Austerlitz (ottobre-dicembre 1805) ottenendo la pace dall'Austria e il ritiro dal campo delle forze russe.

 

I cambiamenti politico-territoriali in Europa

 

Dopo Austerlitz il trionfo napoleonico fu completo.
A due principi tedeschi suoi alleati, gli elettori di Baviera e del Württemberg, egli «concesse» la corona reale; alla Prussia assegnò la regione dell'Hannover; all'Austria impose la cessione delle regioni del Tirolo e del Vorarlberger, in favore della Baviera, e della Venezia, della Dalmazia e dell'Istria a vantaggio del Regno d'Italia, risultato della trasformazione in regno della Repubblica Cisalpina.
Con tali dure condizioni l'imperatore dei francesi portava a termine la disgregazione del Sacro Romano Impero, tanto che alcuni mesi dopo, in conseguenza delle mutilazioni subite dal suo Stato, Francesco II era indotto ad assumere il semplice titolo di imperatore d'Austria e il nome di Francesco I.
Per sottolineare il suo trionfo personale, Napoleone costituì intorno all'Impero francese una serie di Stati «federativi» di entità diversa, assegnati in sovranità a suoi parenti e collaboratori con titoli di re, principi, granduchi:
 - il Regno di Napoli, tolto ai Borboni rifugiatisi in Sicilia, al fratello Giuseppe;
 - il Regno di Olanda al fratello Luigi;
 - il Principato di Neuchâtel, tolto alla Prussia, al maresciallo Berthier;
 - il Granducato di Berg al Murat;
 - ecc.
Collegata con questa politica familiare fu anche la politica matrimoniale, rivolta soprattutto verso le dinastie tedesche, riunite, sotto la “protezione” dell'Imperatore, nella Confederazione del Reno; si ebbero così le unioni tra il figliastro di Napoleone, Eugenio di Beauharnais, con Augusta di Baviera, quella di Stefania di Beauharnais con il principe ereditario del Baden, quella del fratello Gerolamo con la figlia del re del Württemberg.

 

La Russia e l'Inghilterra, favorite dalla loro posizione geografica, poterono non piegarsi alla pace dinanzi al Bonaparte trionfatore in Europa; presto lo zar Alessandro riuscì a sottrarre la Prussia all'imposta alleanza con l'Impero napoleonico e si costituì la Quarta coalizione.
Fu proprio la Prussia a sostenere per prima e da sola il peso della guerra contro la Francia e lo sforzo le riuscì fatale: vinta sui campi di Jena e di Auerstadt, gli eserciti francesi ne occupavano il territorio (ottobre 1806).

 

Il blocco continentale e la pace di Tilsitt

 

Contro l'Inghilterra, in mancanza di una forza navale competitiva, emanò i decreti del “blocco continentale” (novembre 1806), che chiudevano i porti europei alle navi inglesi e proibivano alle navi continentali di recarsi nei porti inglesi.
Sul fronte orientale, dopo aver vinto lo zar Alessandro sul territorio polacco (1807), gli impose la pace di Tilsitt (luglio 1807).
In quell'occasione, l'accordo stabilito dai due imperatori, incontratisi personalmente, avrebbe dovuto imprimere un corso nuovo alla storia d'Europa, basato 1) sul principio della divisione delle sfere di dominazione diretta o d'influenza sul continente europeo fra l'Impero francese a occidente e l'Impero russo a oriente, e 2) sull'opposizione comune al predominio marittimo della Gran Bretagna.
In effetti, tuttavia, chi pagò le spese dell'accordo fu la Prussia, che dovette cedere i territori a ovest del fiume Elba, costituiti in Regno di Westfalia per Gerolamo Bonaparte, e le sue province polacche al nuovo Granducato di Varsavia, posto sotto la sovranità del re di Sassonia, alleato di Napoleone.
La Russia, aderendo all'imposizione di queste condizioni alla Prussia, riconoscendo la Confederazione del Reno e i regni napoleonici di Napoli e d'Olanda e promettendo a Napoleone la sua alleanza contro l'Inghilterra, si rassegnava a vedere l'influenza francese affermarsi in tutta l'Europa continentale.

 

La crisi e la caduta dell'Impero

 

Dopo il trattato di Tilsitt, Napoleone estese ancor più la sua potenza, nello sforzo di coordinare tutti i paesi europei nell'opposizione all'Inghilterra: nel novembre 1807 occupò il Portogallo, nel febbraio 1808 completò l'occupazione dello Stato della Chiesa, nel giugno dello stesso anno insediò il fratello Giuseppe sul trono di Spagna, assegnando il Regno di Napoli al cognato Gioacchino Murat.
L'alleanza con la Russia, però, fondamento della nuova politica napoleonica, pareva avviarsi alla fine; lo zar Alessandro, preoccupato dalla febbre annessionistica dell'alleato, nel Convegno di Erfurt (settembre-ottobre 1808) evitò di impegnarsi a fondo per l'avvenire.
Intanto la Spagna, per prima fra le nazioni europee, iniziò, guidata dalla “giunta” di governo stabilita a Cadice, una guerra insurrezionale contro i Francesi. L'esempio spagnolo incoraggiò i Tedeschi a compiere analoghi, benché isolati, tentativi per liberarsi dal dominio straniero, mentre l'Austria cercava si sollevarsi dall'umiliante posizione cui era stata relegata, scendendo di nuovo in campo contro la Francia, nel medesimo tempo in cui l'Inghilterra sbarcava in Portogallo un corpo di spedizione (Quinta coalizione, aprile 1809).
Napoleone reagì fulmineamente e soltanto un mese dopo entrava vittorioso in Vienna, nonostante una parziale sconfitta subita ad Aspern (maggio). Riportata una nuova vittoria a Wagram (luglio), imponeva la nuova pace di Vienna (ottobre 1809), intimando all'Austria la drastica riduzione degli effettivi del suo esercito, il pagamento di un'indennità, la cessione della Galizia settentrionale, di Salisburgo e della regione illirica rispettivamente al Granducato di Varsavia, al re di Baviera e direttamente alla Francia.
Nel frattempo Napoleone faceva arrestare il papa Pio VII (1809), il quale aveva scomunicato i Francesi conquistatori dei suoi stati (1808) e aveva negato il divorzio di Napoleone dall'imperatrice Giuseppina per il nuovo matrimonio con Maria Luigia d'Austria; il pontefice sarebbe poi stato trasferito a Fontainebleau come prigioniero (1812).

 

Altri avversari di Napoleone, inoltre, sorgevano tra i collaboratori, spaventati dalla politica annessionistica dell'imperatore, oppure anche all'interno della sua stessa famiglia, come il fratello Luigi re d'Olanda, urtato dalla politica accentratrice che rimaneva indifferente agli interessi dei singoli paesi.

 

Il colpo fatale all'Impero francese doveva però venire dal fallimento della colossale impresa di guerra organizzata da Napoleone contro la Russia, operazione che fu decisa dall'Imperatore dei Francesi quando la tensione, provocata dalla sua politica di annessioni, specificamente in relazione all'atto di ricostituzione della Polonia, rese l'urto inevitabile.

 

Nel maggio 1812, alla testa di un esercito di quasi settecentomila uomini, in cui i tedeschi, gli italiani e i polacchi erano in maggioranza, Napoleone mosse contro la Russia.
L'avanzata avvenne in un primo tempo senza cospicua opposizione da parte dei Russi che si ritirarono incendiando, fino ad abbandonare anche Mosca (incendiatasi per cause imprecisate quando già era nelle mani dei francesi), e costringendo gli invasori, privi di rifornimenti a ritirarsi nell'imminenza dell'inverno.
Tale ritirata risultò fatale agli eserciti napoleonici provati dalla mancanza di approvvigionamenti ed esposti ai rigori del clima e agli attacchi di sorpresa dei russi. Napoleone affrettò il suo rientro in Francia, ma intanto austriaci e prussiani defezionarono per unirsi nella primavera del 1813 agli anglo-russi (Sesta coalizione).

 

Gli eserciti della coalizione, dopo alterne vicende, riuscirono a sconfiggere il nuovo esercito napoleonico, fatto di giovani leve inesperte, nella battaglia di Lipsia, tra il 16 e il 19 ottobre 1813.
La Francia, incalzata dagli avversari, fu costretta a battersi alle proprie frontiere, e Napoleone, nel febbraio 1814, incalzato dalla forze dell'alleanza di Chaumont, dovette ripiegare su Parigi, costretto dalla superiorità degli avversari, e fu indotto dalla situazione a rinunciare al trono (6 aprile 1814), mentre il Senato decretava la restaurazione della monarchia borbonica.

 

La pace con la Francia

 

Ancor prima che Napoleone avesse rinunciato al trono per sé e per i suoi successori (Trattato di Fontainebleau), gli alleati avevano indotto il Senato imperiale a designare un governo provvisorio e a preparare una nuova costituzione. Luigi, fratello del re ghigliottinato e zio del Delfino, che se avesse regnato sarebbe stato Luigi XVII, assumeva la corona, con il nome di Luigi XVIII.
Il 30 maggio del 1814 la Francia stipulava la pace con i suoi avversari (Trattato di Parigi), vedendosi riconoscere il territorio posseduto prima della Rivoluzione, più la Savoia, Avignone ed altri territori: una pace estremamente favorevole alla potenza vinta, soprattutto per volontà dell'Inghilterra, interessata a non infierire su di essa. La Francia, tuttavia, trasformava completamente il proprio assetto.

 

Il Congresso di Vienna

 

Nell'autunno dello stesso anno, a Vienna, si riunivano i delegati di tutte le potenze, grandi, medie e piccole dell'Europa per decidere il nuovo assetto territoriale del continente, ridisegnandone la carta geopolitica.
A Vienna spiccavano per importanza lo zar Alessandro I, accompagnato dal ministro Nesselrode, il principe di Metternich, cancelliere austriaco, il francese Talleyrand, divenuto ministro degli esteri della nuova monarchia francese, i ministri prussiani Hardenberg e Humboldt e il ministro degli esteri britannico lord Castlereagh.

 

Nell'intento di ostacolare un'eventuale ripresa espansionistica della Francia, gli alleati si preoccuparono di formare intorno al suo territorio una catena di Stati sufficientemente solidi ed ampi per sostenere il primo urto di quella che rimaneva, nonostante tutto, la prima potenza militare del mondo: un forte Regno dei Paesi Bassi, un nucleo compatto di territori tedeschi lungo il Reno sotto sovranità prussiana e chiamati “Prussia renana”, una Confederazione Elvetica ampliata per l'aggiunta di Ginevra, del Vallese e di Neuchâtel, e protetta da un particolare status internazionale, un ricostituito Regno di Sardegna, rafforzato con l'annessione dei territori dell'ex Repubblica di Genova.

 

Su questa parte del nuovo assetto europeo gli alleati si trovarono sostanzialmente d'accordo, ma l'assetto della parte centrale del continente rivelò le gravi divergenze d'interesse esistenti fra le quattro potenze vincitrici.
Inghilterra ed Austria aspiravano a far trionfare la politica dell'equilibrio europeo; Russia e Prussia aspiravano invece a mutare a proprio vantaggio l'equilibrio europeo, attraverso una politica di egemonia. Questo contrasto consentì al Talleyrand, sostenitore del principio di legittimità, secondo il quale ad ogni Stato dovevano essere riconosciuti i confini e i sovrani che aveva avuto prima della Rivoluzione, di insinuarsi fra i dissidi dei vincitori, restituendo alla Francia la sua posizione di grande potenza.

 

Il ritorno di Napoleone

 

Durante lo svolgimento del congresso, il Bonaparte, allontanatosi dall'Elba (ove era stato confinato) e sbarcato nella Francia meridionale, muoveva trionfalmente verso Parigi, ma veniva sconfitto definitivamente dagli eserciti della rinsaldata alleanza di Chaumont, riunitisi in Francia in tutta fretta, nella battaglia di Waterloo, il 18 giugno 1815.

 

Il 9 giugno, intanto, era stato comunque firmato l'atto finale del Congresso che definiva l'assetto dell'intero continente europeo.